Quarant’anni fa, il 14 febbraio 1984, fu firmato l’accordo fra Governo e sindacati che modificava profondamente il meccanismo della cosiddetta “scala mobile”, sistema di rivalutazione automatica dei salari in base all’andamento dell’inflazione che si era però dimostrato un fattore di innesco del processo inflattivo, con conseguenze dannose proprio per la tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni: il loro aumento, infatti, veniva in poco tempo vanificato, eroso dalla crescita del costo della vita. Le dinamiche inflattive, molto accentuate in quegli anni, determinavano inoltre effetti dannosi in generale per il sistema economico.
Non fu un accordo facile, quello che da allora è detto “di San Valentino”: voluto con determinazione dalla CISL, guidata da Pierre Carniti e ispirata dalle idee dell’economista Ezio Tarantelli, l’intesa col governo Craxi fu firmata anche dalla UIL, a duramente osteggiata dalla CGIL, o meglio dalla componente da sempre largamente maggioritaria nel sindacato guidato da Luciano Lama, quella che faceva riferimento al PCI.
Fu proprio il PCI, dopo il varo del decreto che attuava i contenuti dell’accordo, a promuovere un referendum abrogativo del decreto, che si svolse l’anno seguente. La proposta fu respinta dalla maggioranza degli elettori (54,3%), con una partecipazione al voto che sfiorò il 78%.
Sul significato dell’accordo di San Valentino, e sull’attualità di un modo di intendere e praticare il ruolo del sindacato e delle relazioni sociali, si sofferma l’articolo in allegato, che il segretario generale della CISL, Luigi Sbarra, ha pubblicato su Il Sole 24 ore del 13 febbraio 2024.
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